Il progetto di Ecovillaggio

Trovare nuove risposte ai bisogni della vita quotidiana

Che cos’è un ecovillaggio?

Forse vi sarete chiesti cosa sia un ecovillaggio. Forse avete informazioni disparate, diverse fra loro. Ed è comprensibile, perché il mondo degli ecovillaggi è complesso, variegato ed eterogeneo e darne una definizione precisa rischia impoverire lo spirito dell’idea che lo muove. Ciò che accomuna la maggior parte delle esperienze è la volontà di tornare a vivere a contatto con la natura, cercando di modellare una cultura di condivisione – dalla casa, al lavoro, al pane quotidiano – con un gruppo ristretto di persone con  una visione del mondo comune. In generale, queste persone possono non essere legate strettamente alla sfera familiare e considerano e sviluppano insieme, nel loro progetto di vita comunitaria,  le dimensioni regenerative legate a più ambiti, da quello ecologico e sociale a quello culturale ed economico.

Oggi, presentandovi il nostro progetto e inaugurando così la riflessione sulla parte di esperienza abitativa che offriamo all’interno della comunità di Borgo Basino, vogliamo iniziare questo viaggio chiedendo a Francesca Guidotti, ex presidente della RIVE Rete Italiana Villaggi Ecologici, attivista e membro fondatore dell’ecovillaggio La Torre di Mezzo, di spiegarci un po’ il contenuto, le aspettative e i sogni che si muovono dentro a questa parola così discussa.

Dopo tanti anni di attivismo e condivisione in comunità, cosa significa per te oggi, ecovillaggio?

Per me oggi ecovillaggio significa opportunità di trasformazione, di miglioramento, di vivere in un ambiente più sano, più vicini ai ritmi della natura, un ambiente meno antropocentrico, un luogo di apprendimento continuo, significa libertà di movimento, significa non sentirmi sola, ma essere autonoma, significa restare aperta e vivere la possibilità concreta di un modello di vita più vicino alla dimensione umana e naturale.

Secondo la tua esperienza, Quali sono gli elementi fondanti e imprescindibili che caratterizzano un’esperienza di ecovillaggio? Quali quelli da valorizzare, a cui dare spazio?

Penso che imprescindibile sia la necessità di mettere in discussione a 360° ogni aspetto della propria vita, cercando di trovare delle nuove risposte alle esigenze della quotidianità, dal mangiare, al  vestire, alle relazioni, al lavoro… trovare risposte tue, personali, che corrispondono a ciò che senti più vicino a te, che senti più vero per te, con qualcosa che non è necessariamente comodo, anzi, è qualcosa che ti spinge a fare e a vedere le cose in modo diverso da come lo facevi e vivevi prima. Vicino non vuol dire più simile a te, più comodo per te ma significa quella vicinanza in cui intuisci che ci può essere un miglioramento per te, e per le persone che stanno intorno a te. Significa una crescita, nella quale cambiando le vecchie abitudini, cambiando il modo di fare le cose, scegliendolo consapevolmente puoi fare del bene a te e anche agli altri. Ed è imprescindibile che questo allenamento continui nel tempo e non finisca mai, è anche imprescindibile prendersi delle pause, riposarsi, divertirsi, sbagliare, ma allo stesso tempo sapere che la direzione è quella di provare a fare meglio, a essere qualcosa di diverso e di migliore di ciò che si è oggi. Un altro elemento fondante è trovare la propria strada e ritornare in contatto con tempi che non sono tuoi, non sono quelli dell’orologio, ma che hanno a che fare con la stagionalità, il senso del limite, che per esempio ti dà una giornata nevosa, o che ti da un momento di caldo e arsura che ti porta a fermare qualsiasi attività tu abbia programmato o progettato.

Quali sono le difficoltà più comuni che hai osservato, e le opportunità di crescita anche rispetto alla situazione sociale e globale che stiamo vivendo?

Le difficoltà più grandi o più comuni che ho potuto osservare sono: la difficoltà di instaurare un nuovo modello di relazione, una nuova modalità di relazionarsi che non sia quella a cui siamo stati abituati dalla società e dalle famiglie, affrontare l”orizzontalità” nella gestione del potere, la condivisione dello stesso, e il considerare il conflitto come fonte utile di trasformazione, fonte positiva di una evoluzione, di una relazione, di un progetto, di uno stato stagnante. Soprattutto quest’ultimo credo sia una grandissima opportunità di crescita, per la singola persona, per il gruppo, per il progetto, e per l’ambiente intorno. Un’altra difficoltà che ho osservato è quella di mettersi in relazione con il territorio: a volte si ha talmente paura del giudizio che gli altri hanno su di noi, che siamo noi i primi a giudicare e quindi a non voler entrare in contatto con i nostri vicini, e invece, anche lì c’è una grandissima potenzialità e risorsa, un grandissimo spazio di contaminazione reciproca che alla fine può andare a vantaggio di entrambe le parti della comunità e del territorio stesso. In un periodo come questo, dove ci sono restrizioni, paura e diffidenza, questo lavoro di conoscenza del nostro vicino, di chi ci sta accanto, di chi opera nel territorio, che sia simile a noi, ma anche diverso da noi, è una fonte di ricchezza e di mantenimento della relazione sociale che altrimenti rischierebbe di non esserci o di essere così limitata da farne risentire l’intera comunità, l’attività stessa della comunità e del territorio.

Cosa diresti a chi vuole intraprendere un percorso di esplorazione del vivere in comunità o curare un progetto di ecovillaggio?

Il mio invito è di leggere, documentarsi, ma soprattutto andare a visitare le comunità esistenti per farsi un’idea di che cosa sono, o almeno di ciò che non vorresti che fosse la tua comunità (ride, N.d.r) , perché solo così si prende contatto con la realtà e la complessità di questi progetti e si approccia alla progettualità con i piedi per terra, un po’ più radicati e non in modo romantico. Penso che l’entusiasmo serva ma ci vuole una consapevolezza pragmatica per portare avanti questo tipo di progetti e l’esperienza degli altri è quanto di più ricco e fruttuoso si possa trovare. Ci sono un sacco di testi su internet, video, libri, e un libro che io stessa ho scritto (Ecovillaggi e Co-housing: Dove sono, chi li anima, come farne parte o realizzarne di nuovi, TerraNuova Edizioni), ci sono dei corsi come quello che ho fatto con il Campus del Cambiamento  ma anche per esempio quello del CLIPS.  Queste cose le raccomando prima di buttarsi nella costruzione di qualsiasi progetto di comunità o di ecovillaggio perchè potenziano le probabilità di sostenibilità e successo nel tempo.